Ieri i mercati cinesi (Shenzen e Shanghai) hanno vissuto una giornata che definire storica non è un’esagerazione, con rialzi rispettivamente del 10,93% e dell’8,06%. Per trovare numeri simili bisogna tornare indietro di oltre 16 anni, quasi “un’era glaciale” fa per i mercati finanziari, visto quanto si è verificato nel frattempo. Anche Hong Kong (Hang Seng) ha conosciuto una nuova giornata di gloria, per quanto il rialzo sia stato inferiore (+ 2,43%), ma bisogna dire che nell’ultima settimana non aveva perso tempo, tant’è vero che la sua performance, da inizio anno, è nettamente superiore a quella delle 2 piazze “cugine” (+ 23,97% per Hong Kong, + 12,15% per Shanghai, un ben più misero + 4,88% per Shenzen, tornata positiva solo grazie al boom di ieri).
Negli ultimi 10 giorni i mercati “Great China” hanno inanellato una serie di sedute positive che hanno portato ad un recupero del 20-25% sulla spinta delle decisioni prese dalle autorità monetarie di Pechino, rivolte soprattutto ad abbattere il costo dei mutui, nel tentativo di risollevare un settore in profonda crisi (l’immobiliare, come più volte evidenziato, è tra le principali, se non la principale, cause della “debacle” dell’economia cinese: basti pensare che nei primi 8 mesi dell’anno le transazioni immobiliari sono crollate del 18%, con il prezzo delle case che sta scendendo a ritmi vertiginosi).
Peraltro è prematuro dire se il rialzo sarà duraturo o se, invece, si tratta di pura speculazione, visto il livello dei prezzi raggiunto da molti titoli (i listini cinesi erano, sino a qualche giorno fa, tra i meno cari al mondo: bati pensare che il CSI 300 ha un rapporto prezzo/utili del 13,52 contro il 23,7 dello S&P 500). In questo senso, non aiuta la chiusura, da oggi, delle contrattazioni per i festeggiamenti del 75° anniversario della nascita della Repubblica Popolare Cinese (la così detta “Golden week). Un po’ come succede nel calcio, quando una delle 2 squadre va in goal allo scadere del primo tempo: chi subisce il goal deve riordinare le idee e, probabilmente, modificare la propria strategia di gioco, entrando negli spogliatoi con qualche certezza in meno.
“L’intervallo” di questi giorni può quindi essere di aiuto per capire se si tratta di una reazione prevalentemente emotiva (come potrebbe far supporre il fatto che molti acquisti sono arrivati da investitori retail, timorosi di “non partecipare alla festa) o se, piuttosto, è costruita su basi più solide.
Indubbiamente, quando si verificano rimbalzi di questa portata qualche “aggiustamento” bisogna aspettarselo, Ma, al di là degli aspetti più “speculativi” (che certamente una “voce in capitolo” l’hanno avuta), si tratterà di capire se gli interventi monetari decisi (riduzione di 30 bp del tasso primario ipotecario – Lpr – a cui le banche commerciali dovranno adeguarsi entro il 31 ottobre, taglio dall’1,95% all’1,85% sui reverse repo a 14 giorni, deciso già oltre 1 settimana fa, mirato a fornire nuova liquidità – $ 10 MD – oltre ad altri $ 33 MD “iniettati” a mercati aperti), oltre ai tagli effettuati già a luglio sui finanziamenti marginali, costituiscono veramente una svolta.
L’obiettivo dichiarato del Governo è il rilancio dei consumi, in un contesto economico non tra i migliori: anche a settembre l’indice manufatturiero PMI è nuovamente calato, scendendo sotto i 50 punti, con la contrazione più ampia dal luglio 2023. Sorte analoga per i servizi, scesi a 50,3 punti dal precedente 51,5.
Questi giorni, quindi, serviranno per capire se siamo veramente di fronte ad una fase di “bull market” o se i mercati torneranno a fare i conti con i dati macro, in primis quelli sulla crescita, stimata per l’anno prossimo al 4,5%, e quindi sotto il “livello minimo” indicato da Xi Jinping (la “soglia di sopravvivenza” del 5%) e, di conseguenza, riprenderanno il loro andamento per lo meno “ondivago”, se non addirittura negativo.
Oggi praticamente il mercato asiatico è rappresentato solo dal Nikkei di Tokyo e dal Taiex di Taiwan, di fatto gli unici listini aperti del Pacifico: il primo chiude con un rialzo intorno al 2%, mentre il secondo si ferma ad un + 0,7%.
Futures piatti a Wall Street, mentre in Europa danno segnali di maggior forza (€urostoxx + 0,30%).
Senza spunti il petrolio, con il WTI a $ 68,25, esattamente sui livelli di ieri.
Gas naturale Usa in leggera correzione (– 0,75%), comunque vicinissimo ai $ 3 (2,907).
Oro sempre in “odore di record”, a $ 2.667 (+ 0,20% in apertura).
Spread a 131,8 bp.
BTP al 3,46%.
Bund sempre al 2,14%.
Treasury a 3,78%, in leggerissimo ribasso sulle chiusure di ieri (3,80%).
€/$ a 1,1134.
Bitcoin che ondeggia intorno ai $ 64.000 (questa mattina 64.290).
Ps: e quindi anche i confini nazionali pare non sia più “certezze acquisite”: essendo il risultato di trattati internazionali, dovrebbero essere immodificabili. Veniamo a sapere che potrebbe non essere così. Almeno con riferimento al confine tra il nostro Paese e la Svizzera. La “regola” sancisce che il confine tra 2 Stati corra lungo il crinale della montagna. Ma il disgelo (o meglio, il cambiamento climatico), sul Cervino, sta modificando, appunto, il crinale, con uno spostamento verso l’Italia di circa 150 mt. Un’inezia. Ma in questa “inezia” è situato il rifugio delle Guide Alpine. Che potrebbero, tra poco, cambiare casacca… Speriamo non ne nasca una disputa internazionale…